L’Uovo di Sarnano: tra druidi, alchimisti e Sibille

Il 21 novembre 1986, dopo giorni di forti piogge, nel torrente Terro nei pressi di Sarnano, fu ritrovato un grande uovo di calcare bianco con una vaschetta circolare scavata sulla sommità. Alto 120 centimetri e pesante tre tonnellate, il monolite oggi si trova in Piazza Alta, vicino al Palazzo del Podestà.

Oggi è noto come Pietra di Terro o Uovo di Sarnano ed è considerato un reperto archeologico di grandissimo valore. Su di esso si sono interrogati in molti: che cos’è? A che epoca risale? Qual era il suo utilizzo?

Negli anni sono state avanzate diverse ipotesi. All’inizio si pensava fosse un cippo romano di epoca augustea, ma il catino scavato sulla sommità rendeva poco plausibile questa spiegazione.

L’altra ipotesi, più seguita, lo identifica come un manufatto di origine celtica.

Del resto, non è l’unica manifestazione della cultura celtica a Sarnano: un altro indizio interessante e controverso è rappresentato dalle rosette celtiche e rose-stelle incise su alcuni portoni.

Sulla base dell’ipotesi celtica sono state elaborate due interpretazioni dell’Uovo di Sarnano. Entrambe lo collocano nella tradizione magico-rituale risalente a tempi antichissimi che ancora sopravvive nella cultura popolare dei Sibillini.

L’interpretazione di Joyce Lussu

Una delle interpretazioni viene dalla scrittrice Joyce Lussu, secondo la quale l’Uovo veniva utilizzato per scegliere le coltivazioni più feconde. La vaschetta veniva riempita di semi e il primo che germogliava indicava la coltura che avrebbe dato maggiori frutti nel corso dell’anno. Joyce Lussu sviluppa questa ipotesi in un breve racconto intitolato proprio L’Uovo di Sarnano, in cui la scrittrice immagina di parlare con una Sibilla che le racconta la vera funzione dell’Uovo. Joyce Lussu, del resto, dedicò moltissimi studi al mito della Sibilla: non la maga malefica e tentatrice del Guerrin Meschino, ma la buona Sibilla della tradizione popolare, portatrice di saggezza, mediatrice di conflitti, custode dell’armonia tra gli uomini e la natura.

L’Uovo come osservatorio astronomico

L’altra interpretazione dell’Uovo di Sarnano, invece, viene dal Prof. Manlio Farinacci di Terni che, facendo il confronto con altri reperti simili ritrovati in Umbria e in Toscana, giunge alla conclusione che questi manufatti venivano utilizzati come osservatori astronomici. In pratica, la vaschetta veniva riempita d’acqua in modo da riflettere la posizione delle stelle e dei pianeti. Secondo Farinacci, il risultato più illustre di queste osservazioni dei druidi è il noto calendario astronomico di Coligny. Questo reperto, oggi conservato a Lione, ci ha permesso di apprendere il sistema di misurazione del tempo in uso presso i popoli celtici.

Se la teoria di Joyce Lussu ci riporta alle tante e affascinanti sfaccettature del mito della Sibilla, quella di Farinacci si collega alla cultura alchemica di cui i Sibillini sono stati per secoli centro indiscusso: astronomi, alchimisti, eretici e negromanti partivano da tutta Europa per salire sulle nostre montagne assetati di conoscenza. Del resto, lo stesso simbolo della rosa-stella rintracciabile non solo nel centro storico di Sarnano, ma anche in molti altri paesi dell’area sibillina potrebbe indicare, secondo alcuni studiosi, una via sicura per gli alchimisti diretti al Lago di Pilato e alla Grotta della Sibilla. Ma questa è un’altra storia, di cui parleremo presto.

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